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Introduzione
In fotografia, conoscere la luce è essenziale ed in questo capitolo cercherò di spiegare in modo semplice questo fenomeno complesso.
Descrivere la luce è sempre stato un compito arduo e prima dell’avvento della Meccanica Quantistica, lo si era fatto sempre in modo incompleto.
La prima descrizione della luce o più in generale della radiazione elettromagnetica (della quale la luce fa parte), la dipingeva come una particella che si muove da un punto A ad un punto B. Si immaginava quindi che la luce fosse composta da piccole particelle in movimento. Successivamente, si notò che descrivere la luce come una particella non spiegava certi comportamenti e quindi non era sufficiente.
Uno dei comportamenti che non spiegava, era la diffrazione. A questo scopo si descrisse la luce come un’onda, proprio per risolvere questo problema, ma se ne venne a creare un’altro: la propagazione della luce nel vuoto.
Infatti, qualunque fenomeno ondulatorio, non è in grado di propagarsi nel vuoto. Un’onda è una trasmissione di energia da un punto A ad un punto B e non di materia.
In pratica, in un onda, quello che si muove non sono le particelle ma l’energia che viene trasmessa fra loro tramite la vibrazione. Quindi se tra i punti A e B ci sono le particelle 1, 2, 3 e 4, la particella 1, vibrando, fa muovere la 2 che a sua volta muove la 3 che fa vibrare anche la 4. La conseguenza è che si è trasmessa un onda dal punto A al punto B ma nessuna delle particelle ha cambiato la sua posizione.
Quindi nel vuoto dello spazio, dove possiamo assumere che non ci siano particelle con buona approssimazione, dovrebbe essere impossibile il propagarsi della luce se essa fosse un’onda.
Per molti anni si sono fatti esperimenti per capire se la luce fosse l’una o l’altra cosa, ma alcuni ce la mostravano come un onda mentre altri come una particella. Nessuno degli esperimenti riuscì mai a dimostrare che era in realtà un fenomeno che aveva caratteristiche sia dell’una che dell’altra contemporaneamente. Ci è riuscita infine la meccanica quantistica che ha definitivamente interpretato la luce come un fenomeno con caratteristiche di particella e di onda. Oggi la luce è descritta come un fenomeno discreto (non continuo) che può assumere soltanto alcuni valori di energia, multipli di quella associata alla sua particella fondamentale: il Fotone. Al fotone sono associati un campo elettrico ed uno magnetico perpendicolari tra loro (figura 01).
01 In questa figura vediamo il campo elettromagnetico e quello elettrico generati dal fotone in movimento.
Dopo che Einstein pubblicò “L’effetto fotoelettrico” che gli valse il premio Nobel, non più, solo la luce, venne descritta in questo modo, ma si osservò che anche i fasci di elettroni si comportavano come onde oltre che come particelle quali erano ed avevano un campo elettromagnetico associato.
Nella figura 02, possiamo vedere un onda (in rosso) e le sue caratteristiche principali.
02 In questa figura possiamo vedere le 3 caratteristiche fondamentali di un’onda:la lunghezza (distanza tra due creste), l’ampiezza, e la frequenza.
La lunghezza d’onda è legata alla frequenza da questa relazione λ=c/ν dove “λ” è la lunghezza d’onda in metri, “c” è la velocità della luce in m/s e “ν” la frequenza in Hz. Si utilizza la velocità della luce, c, solo per le onde elettromagnetiche.
Per capire meglio, possiamo vedere la figura 03 che mostra come, andando da sinistra a destra, all’aumentare dell’energia dell’onda elettromagnetica, aumenti la frequenza e diminuisca la lunghezza d’onda, λ. La radiazione elettromagnetica viaggia sempre alla velocità della luce, ma quando la lunghezza d’onda diminuisce, compie più cicli nello stesso spazio; per mantenere tale velocità, deve aumentare necessariamente la sua energia.
03 λ=c/v L’onda elettromagnetica, in rosso, da sinistra a destra aumenta la sua energia e frequenza al diminuire della lunghezza d’onda.
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Sempre nella figura 03, vediamo come (in basso), la lunghezza d’onda passi da un ordine di grandezza dei Km a quello dei millesimi di nanometro. La lunghezza d’onda, λ, determina anche la “penetrabilità” di un onda nella materia. Nelle figure 04 e 05, si può capire come, al diminuire di λ, aumenti la penetrabilità.
Più un’onda è penetrante, e più è dannosa per la salute. Le onde elettromagnetiche diventano pericolose per la salute quando λ è uguale o inferiore a 10-7, ossia dai raggi UV (λ<10-7m) andando verso destra nello spettro.
04 λ grande, bassa energia e penetrabilità nella materia.
05 λ piccola, alta energia e penetrabilità nella materia.
Lo spettro della radiazione elettromagnetica
Spesso, quando sentiamo parlare della luce, o più in generale della radiazione elettromagnetica, sentiamo anche la parola “spettro”. Lo spettro della radiazione elettromagnetica, indica tutto l’insieme delle lunghezze d’onda che essa può assumere.
Nella figura 06, possiamo vedere lo spettro completo. La figura va letta da sinistra a destra esattamente come la figura 03.
A poco a poco che ci spostiamo sulla destra della figura, aumenta l’energia, aumenta la frequenza e diminuisce la lunghezza d’onda. Possiamo vedere, in basso, come a diverse lunghezze d’onda, corrispondano diversi utilizzi tecnologici dell’onda.
Le onde utilizzate per le trasmissioni radio, per quelle televisive, per i radar e per l’infrarosso non sono dannose per l’uomo perché non penetranti. Nemmeno le microonde, a potenze basse, sono dannose, anche se, nel caso dei forni a microonde, lo diventano perché altamente concentrate così come nei telefoni cellulari.
La radiazione infrarossa è emessa dai corpi caldi ed è quindi utile per vedere esseri viventi al buio, se si dispone dell’attrezzatura adeguata (i nostri occhi non la vedono). A destra del valore di λ pari a 10-7m, si entra nella zona dannosa per l’uomo con i raggi UV (emessi dal sole ma fermati dall’ozono), i raggi X usati a volte per le lastre ed infine i raggi gamma emessi solo da alcuni corpi celesti, da materiale radioattivo o in seguito a esplosioni di fissione nucleare.
Di tutte queste lunghezze d’onda, i nostri occhi, possono vederne solo una piccolissima parte che nel suo insieme viene chiamata “lo spettro della luce visibile”; esso si trova nella zona di λ compresa tra 10-6 e 10-7m. Nella figura 06, ho ingrandito tale zona che altrimenti sarebbe veramente insignificante, riportandone lo spettro in alto con tutti i colori.
La differenza tra la luce visibile di un colore, rispetto a quella di un altro, sta solo nella differenza di lunghezza d’onda.
Quindi in fotografia, la caratteristica della luce che interessa di più, è proprio la lunghezza d’onda in quanto è essa che ne determina i colori. La luce detta “bianca”, che è poi quella che proviene dal sole attraverso la nostra atmosfera, è un fascio di fotoni di diverse lunghezze d’onda che vanno a coprire tutto lo spettro del visibile; dal rosso, a più bassa energia e frequenza, al viola che, nella luce visibile, ha la frequenza maggiore.
06 Lo spettro completo della radiazione elettromagnetica.
La visione dei colori
Gli esseri umani, hanno occhi sensibili alla luce di lunghezza d’onda compresa tra 10-6 e 10-7m. All’interno di questo spettro, i nostri occhi distinguono i singoli colori con una grande sensibilità.
Noi siamo in grado di vedere, perché la luce colpisce gli oggetti che ci circondano e poi arriva ai nostri occhi.
Immaginiamo di essere nella stanza di un appartamento in una giornata di sole. La luce del sole, entra dalla finestra e colpisce, direttamente o indirettamente, tutti gli oggetti e le persone in essa contenute. La luce bianca del sole che entra dalla finestra, comprende tutte le lunghezze d’onda dello spettro visibile (ed anche altre che noi non vediamo). Quando la luce bianca colpisce un tavolo, il legno assorbe diverse lunghezze d’onda e trasmette invece quella corrispondente al marrone; avendo assorbito le altre, l’unica che giunge al nostro occhio è proprio quella del marrone e noi vediamo il tavolo di questo colore, per l’appunto.
Però non tutte le luci sono uguali a quella del sole. Se prendiamo per esempio la luce emessa da una lampadina ad incandescenza con filamento al tungsteno, comprende anch’essa diverse lunghezze d’onda ma non le stesse della luce bianca del sole. Nella luce di tale lampadina, mancano alcune lunghezze d’onda nella zona del blu e del viola e quindi il tavolo trasmette un colore diverso da quello trasmesso in presenza di luce bianca; alcune frequenze non può trasmetterle in quanto non presenti in quella fonte di luce.
Con alcune illuminazioni si percepisce soltanto una variazione della gradazione del colore mentre con luci particolari, i colori degli oggetti possono cambiare di molto a seconda delle componenti della luce.
Ogni materiale presenta uno specifico spettro di assorbimento che comprende anche lunghezze d’onda fuori dallo spettro visibile. Perciò il colore risultante di un oggetto è dovuto a tutte le lunghezze d’onda della fonte di luce, meno quelle dello spettro di assorbimento del materiale con cui è fatto e, tra quelle che restano, il colore che vediamo è dovuto solo a quelle che cadono nell’intervallo di λ compreso tra 10-6 e 10-7m.
Ma oltre a questo, dobbiamo anche considerare che la nostra percezione del colore può essere alterata dal nostro cervello (Vedere il capitolo sul bilanciamento del bianco nel paragrafo “I colori e la nostra percezione di essi”).